ISCHIA – La gestione del contenzioso e dell’ ufficio tecnico peggiora…Continuano i miracoli di Giosi e Silvano…Per questioni inerenti a pratiche di condono non esaminate dal comune, il Tar, con una recente sentenza, ha bacchettato il comune di Ischia e ha condannato l’ente. Inoltre, nella sentenza è scritto: “ Nel caso di inadempienza si nomina sin da ora, quale commissario ad acta, il Prefetto di Napoli od un funzionario all’uopo da lui delegato, che provvederà, su specifica richiesta del ricorrente, nell’ulteriore termine di 90 gg”
Il testo integrale della sentenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 627 del 2012, proposto da:
Francesco Napoleone, rappresentato e difeso dall’avvocato Biagio Di Meglio con il quale domicilia ai sensi dell’art. 25 c.p.a. in Napoli presso la segreteria del T.A.R.;
contro
Comune di Ischia, in persona del rappresentante legale p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Eugenio Maddiona, con il quale domicilia ai sensi dell’art. 25 c.p.a. in Napoli presso la segreteria del T.A.R.;
nei confronti di
Venerabile Chiesa dello Spirito Santo, in persona del rappresentante legale p.t., non costituita in giudizio;
per l’annullamento
del provvedimento n. 29052 del 21 novembre 2011 con il quale il dirigente dell’Area Tecnica del Comune di Ischia ha dato riscontro alle diffide inoltrate dal ricorrente in data 8 novembre 2011;
nonché, per l’accertamento dell’obbligo del Comune di provvedere ai sensi degli artt. 2 della legge n. 241/1990 e 823 c.c.;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Ischia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 luglio 2016 la dott.ssa Paola Palmarini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe il ricorrente ha impugnato la nota con la quale il Comune di Ischia ha dato riscontro alle due diffide pervenute all’ente in data 8 novembre 2011 (prot. 27879 e 27883).
In queste ultime, il ricorrente ha evidenziato di essere proprietario di un fabbricato sito in Ischia alla via S. Alessandro (foglio 11, particella 83) confinante per un lato con la p.lla 76 di proprietà dell’Arciconfraternita dello Spirito Santo e verso ovest e nord con la strada comunale S. Alessandro e che:
– il fabbricato insistente sulla p.lla 76 (di proprietà dell’Arciconfraternita) invade la strada pubblica S. Alessandro occupandone la superficie per circa mq. 11,50;
– tale occupazione deriva da un ampliamento abusivo di detto fabbricato per il quale è stata presentata ai sensi della legge n. 47/1985 la domanda di condono edilizio n. 22203 del 30 settembre 1986 non ancora esitata da parte del Comune;
– nella richiamata istanza non viene specificato che l’ampliamento oggetto di sanatoria insiste sulla pubblica strada e ne determina il restringimento.
Il ricorrente ha, dunque, in quella sede diffidato il Comune ad: a) esaminare l’istanza di condono in parola (senza rispettare il criterio cronologico); b) emettere la sanzione ripristinatoria prevista dall’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001; c) adottare ogni opportuno provvedimento per la tutela del demanio pubblico ai sensi dell’art. 823 c.c.
Il Comune in risposta alle due diffide ha comunicato al ricorrente con la nota impugnata che “ogni determinazione in merito sarà assunta dopo l’esame della pratica di condono edilizio di che trattasi, che avverrà secondo l’ordine cronologico”.
A sostegno del gravame il ricorrente deduce il difetto di motivazione dell’atto e la violazione dell’obbligo di provvedere sancito dall’art. 2 della legge n. 241/1990.
Si è costituito per resistere il Comune intimato il quale ha eccepito in rito l’inammissibilità del gravame per carenza di interesse.
Non si è costituita la controinteressata.
Con memoria depositata in data 10 giugno 2016 il ricorrente ha insistito per l’accoglimento del gravame.
Alla pubblica udienza del 13 luglio 2016 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato e, pertanto, deve essere accolto.
Preliminarmente, deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità del gravame sollevata dalla difesa della resistente.
Come sopra esposto, con la nota impugnata il Comune non ha, di fatto, dato seguito alle diffide presentate dal ricorrente.
Non è, pertanto, corretto sostenere che il ricorrente non ricaverebbe alcun vantaggio dall’annullamento dell’atto. Quest’ultimo, infatti, si pone come ostacolo alla realizzazione dell’interesse (differenziato, attuale e concreto) del ricorrente a rimuovere il preteso abuso edilizio realizzato dalla controinteressata su un tratto di strada pubblica e che gli rende difficoltoso il transito e il raggiungimento della sua proprietà (tali circostanze di fatto non risultano contestate dalla difesa comunale). In altri termini, solo rimuovendo l’atto impugnato il ricorrente può far cessare l’inerzia del Comune sulle istanze da egli presentate e finalizzate ad ottenere l’adozione dei provvedimenti richiesti.
Secondo consolidata giurisprudenza il proprietario confinante, nella cui sfera giuridica incida dannosamente il mancato esercizio dei poteri repressivi degli abusi edilizi da parte dell’organo preposto, è titolare di un interesse legittimo all’esercizio di detti poteri e può quindi ricorrere avverso l’inerzia dell’organo preposto alla repressione di tali abusi edilizi (ex multis T.A.R. Brescia, sez. I, n. 1205 del 27 luglio 2011; Cons. St., Sez. IV, 5.1.2011, n. 18; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, n. 6260 del 26 giugno 2009; Cons. St. Sez. IV, 19 ottobre 2007 n. 5466). Quindi, a fronte della persistenza in capo all’ente preposto alla vigilanza sul territorio del generale potere repressivo degli abusi edilizi, il vicino che – in ragione dello stabile collegamento con il territorio oggetto dell’intervento – gode di una posizione differenziata, ben può chiedere al Comune di porre in essere i provvedimenti sanzionatori previsti dall’ordinamento, facendo ricorso, in caso di inerzia, alla procedura del silenzio – inadempimento. Da ciò deriva che il Comune è tenuto, in ogni caso, a rispondere alla domanda con la quale i proprietari di terreni limitrofi a quello interessato da un abuso edilizio chiedono ad esso di adottare atti di accertamento delle violazioni ed i conseguenti provvedimenti repressivi e, ove sussistano le condizioni, anche ad adottare gli stessi (T.A.R. Lazio Latina, 24 ottobre 2003, n. 876).
Nella fattispecie, il ricorrente ha chiesto, previo esame della domanda di condono edilizio presentata dalla controinteressata, l’adozione da parte del Comune della sanzione ripristinatoria ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 e l’emissione di ogni opportuno provvedimento a tutela del demanio pubblico ai sensi dell’art. 823 c.c. (è bene, infatti, ricordare che il preteso abuso insisterebbe su di una strada comunale e l’art. 823 c.c. stabilisce che “Spetta all’autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico. Essa ha facoltà sia di procedere in via amministrativa sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso regolati dal presente codice”).
Il Comune in riscontro alle due diffide inoltrate dal ricorrente ha comunicato che “ogni determinazione in merito sarà assunta dopo l’esame della pratica di condono edilizio di che trattasi, che avverrà secondo l’ordine cronologico”.
Non si tratta di una mera comunicazione (cfr. difesa comunale) in quanto con tale atto il Comune ha procrastinato, senza indicare un termine certo, l’esame delle questioni sottoposte dall’istanza circa l’infedeltà della domanda di condono e l’occupazione di un tratto di strada pubblica. Risulta fondata, sotto tale profilo, la violazione dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990 che sancisce in via generale l’obbligo di conclusione del procedimento mediante un provvedimento espresso. La giurisprudenza ha, in ossequio ai principi generali della doverosità dell’azione amministrativa e dei criteri di ragionevolezza e buona fede, da tempo esteso, anche in assenza di una esplicita previsione normativa, le ipotesi in cui sussiste un obbligo di provvedere in capo all’amministrazione. Vi rientra sicuramente il caso in esame ove l’istante, come sopra chiarito, è titolare di una posizione d’interesse differenziato e invoca l’attivazione dei poteri pubblicistici attribuiti all’amministrazione per la vigilanza dell’attività edilizia sul territorio e per la tutela della proprietà pubblica (cfr. eccezione della difesa comunale secondo la quale non si potrebbe accertare l’obbligo dell’amministrazione di adottare i provvedimenti ex art. 823 c.c.). A tale ultimo proposito, non può assimilarsi il generale potere di autotutela (per il quale per unanime giurisprudenza non è configurabile un obbligo di provvedere in capo all’amministrazione) con il potere di autotutela c.d. esecutiva il cui esercizio risulta, viceversa, doveroso quando si tratta di preservare i beni appartenenti al demanio pubblico.
Nella fattispecie, l’amministrazione non ha dato riscontro alle diffide del privato rinviando al futuro esame, secondo l’ordine cronologico, della domanda di condono presentata dalla controinteressata nel 1986. Il Comune in questo modo ha palesemente eluso il proprio dovere di pronunciarsi formalmente sull’istanza del privato procrastinando sine die la verifica di quanto denunciato. Deve, infatti, osservarsi che sono trascorsi circa 30 anni dalla presentazione della domanda di condono e il Comune nella propria nota non solo non ha indicato tempi certi per la sua definizione ma non ha neppure dimostrato di essersi in qualche modo attivato (mediante ad es. un sollecito scrutinio delle istanze pendenti) per dare riscontro alla diffida del ricorrente.
In proposito, deve, comunque precisarsi (cfr. censura articolata in ricorso sul punto) che la legge n. 47/1985 non prevede il meccanismo del silenzio rigetto sulla domanda di condono ma richiede l’adozione di un provvedimento espresso.
In conclusione, risulta fondata la censura di violazione dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990 in quanto il Comune, con una motivazione insufficiente, è venuto meno al proprio obbligo di pronunciarsi in modo espresso sui denunciati abusi edilizi. Il Collegio ritiene, tuttavia, di non potersi pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio la quale presuppone il previo scrutinio della domanda di condono edilizio da parte del Comune.
Da quanto precede il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento dell’atto impugnato e accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di concludere il procedimento avviato dal ricorrente con le due diffide mediante l’adozione di un provvedimento espresso.
Il Comune di Ischia dovrà concludere il procedimento in questione nel termine di novanta giorni dalla notifica o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.
Nel caso di inadempienza si nomina sin da ora, quale commissario ad acta, il Prefetto di Napoli od un funzionario all’uopo da lui delegato, che provvederà, su specifica richiesta del ricorrente, nell’ulteriore termine di 90 gg.
Il commissario, prima del suo insediamento, accerterà se nelle more è stata adottata la determinazione comunale e, in caso di perdurante inadempimento, la adotterà in sostituzione.
Vanno posti a carico del Comune gli oneri per l’eventuale attivazione del commissario; in questo caso il compenso del commissario, da calcolare ai sensi del D.M. 30 maggio 2002 e degli artt. 49 ss. D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, sarà liquidato con separato decreto, previa presentazione da parte dello stesso, a mandato espletato, di apposita nota specifica delle spese, contenente anche l’indicazione della misura degli onorari spettanti, nonché la precisazione se l’attività è stata svolta al di fuori dell’orario di servizio. Tale parcella andrà presentata nei termini di cui all’art. 71 DPR 115/2002, entro 100 giorni dalla conclusione dell’incarico (cfr. Cass. civ., sez. II, 27.12.2011 n. 28952).
Le spese del giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza nei confronti del Comune resistente mentre devono essere compensate con la controinteressata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, così provvede:
a) lo accoglie e, per l’effetto annulla l’atto impugnato e ordina al Comune di Ischia di provvedere in ordine alle istanze indicate in epigrafe, nel termine di novanta giorni dalla notifica o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza. In caso di inesecuzione nomina sin d’ora quale commissario ad acta il Prefetto di Napoli, o un funzionario all’uopo designato, il quale provvederà, dietro presentazione di specifica istanza dell’interessato, nell’ulteriore termine di 90 gg. Pone a carico del Comune gli oneri per l’eventuale attivazione del commissario con la precisazione che il compenso del commissario, da calcolare ai sensi del D.M. 30 maggio 2002 e degli artt. 49 ss. D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, sarà liquidato con separato decreto, previa presentazione (nel termine decadenziale di cui all’art. 71 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115) da parte dello stesso, a mandato espletato, di apposita nota specifica delle spese, contenente anche l’indicazione della misura degli onorari spettanti, nonché la precisazione se l’attività è stata svolta al di fuori dell’orario di servizio;
b) condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite in favore della parte ricorrente che si liquidano in complessivi €. 2.000,00 (duemila/00) oltre agli accessori di legge se dovuti e al rimborso del contributo unificato;
c) compensa le spese nei confronti della controinteressata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Umberto Maiello, Presidente FF
Renata Emma Ianigro, Consigliere
Paola Palmarini, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE