Vicenda AD progetti. Nuova batosta per il comune di Forio. Pochi giorni fa il ricorso dell’ente è stato dichiarato irricevibile…

Liberamente tratto dal consiglio di stato
sul ricorso numero proposto da:
Comune di Forio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Di Meglio, con domicilio eletto presso Studio Legale Santaroni, in Roma, via di Porta Pinciana, n. 4;
contro
Ad Progetti s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti Alfonso Capotorto e Ciro Sito, con domicilio eletto presso la Segreteria sezionale del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Campania – Napoli, Sezione I, n. 02997/2015, resa tra le parti, concernente esecuzione sentenza n.1233/2013, Sezione I del TAR Campania – risarcimento danni;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ad Progetti s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2016 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Giuseppe Di Meglio e Alfonso Capotorto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Con sentenza 29/5/2015, n. 2997, il T.A.R. Campania – Napoli ha accolto il ricorso proposto dalla Ad Progetti s.r.l., per ottenere l’ottemperanza della sentenza 4/3/2013 n. 1233, con la quale il medesimo Tribunale ha condannato il Comune di Forio a proporre alla parte ricorrente una somma di denaro a titolo di responsabilità precontrattuale per la mancata conclusione della procedura di project financing, preordinata alla progettazione, realizzazione e gestione, in regime di concessione, di un parcheggio pluripiano interrato (con sistemazione del piazzale soprastante) e di un centro per attività terziarie.
Avverso la menzionata sentenza n. 2997/2015 il Comune di Forio ha proposto appello.
Per resistere all’impugnazione si è costituita in giudizio la Ad Progetti s.r.l., la quale ha, tra l’altro, eccepito l’irricevibilità del gravame perché depositato in segreteria oltre il termine di 30 giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notifica.
Entrambe le parti hanno, poi, depositato memorie con cui hanno ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive.
Alla camera di consiglio del 7 giugno 2016, la causa è passata in decisione.
In via pregiudiziale va esaminata l’eccezione con cui l’appellata deduce l’irricevibilità dell’appello in considerazione del suo tardivo deposito.
L’eccezione è fondata, seppur per motivi in parte differenti da quelli prospettati dalla Ad Progetti s.r.l. .
In via preliminare, il Collegio rileva d’ufficio che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 45, comma 1 e 87, comma 3, c.p.a., il termine per il deposito del ricorso in ottemperanza, sia in primo che in secondo grado, è di quindici giorni decorrenti “dal momento in cui l’ultima notificazione dell’atto stesso si è perfezionata anche per il destinatario” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 19/3/2013, n. 1603 e Sez. III, 26/1/2012, n. 363).
Nel caso di specie, la notifica dell’appello, eseguita a mezzo pec, si è perfezionata nei confronti dell’appellata in data 30 settembre 2015, mentre l’atto notificato risulta depositato in segreteria il successivo 3 novembre e quindi, evidentemente, oltre i prescritti 15 giorni.
Ciò toglie rilevanza all’argomento dell’appellante secondo cui, laddove per il deposito dell’atto giudiziale ci si avvalga (come nella fattispecie) del servizio postale, il relativo termine sarebbe rispettato con la tempestiva consegna dell’atto stesso all’ufficiale postale per la spedizione, in quanto, come riconosciuto dallo stesso Comune, nel caso che occupa, tale consegna è avvenuta in data 27 ottobre 2015 e, quindi, oltre i termini canonici.
Al di là delle esposte considerazioni, la tesi dell’ente non è, comunque, condivisibile nel merito.
Essa postula che al deposito in segreteria degli atti notificati, sia applicabile un principio analogo a quello enunciato dal giudice delle leggi (Corte Cost. 26/11/2002 n. 447) in materia di notifica degli atti giudiziari, secondo cui, per il notificante, la notifica si considera perfezionata con la consegna dell’atto al pubblico ufficiale deputato ad eseguirla.
Sennonché la logica e, al tempo stesso, il limite di siffatto principio, risiede nel fatto che, da una parte, colui che intende notificare un atto – salvo casi particolari in cui sia abilitato egli stesso a eseguire in proprio la notifica – è tenuto rivolgersi a un soggetto terzo (l’agente notificatore) e dall’altra, che l’attività di quest’ultimo resta del tutto estranea alla sua sfera di disponibilità, cosicché non possono essergli addebitati gli effetti pregiudizievoli di manchevolezze altrui.
La medesima ratio non è riferibile all’attività di colui che per depositare l’atto notificato si avvalga del servizio postale.
Quest’ultima è, infatti, una modalità di deposito del tutto facoltativa che ha per effetto quello di porre a carico di chi se ne serve i rischi di eventuali disfunzioni o ritardi inerenti a quel mezzo.
E’ stato, infatti, recentemente affermato che “Non si può dunque estendere al deposito del ricorso giurisdizionale il principio che ai fini dei termini di decadenza vale la data di spedizione, non quella di ricevimento dell’atto. Pertanto il ricorso inviato a mezzo posta si dovrà ritenere depositato solo nel momento in cui pervenga effettivamente all’ufficio ricevimento, e vi pervenga con tutte le caratteristiche formali e tutti gli elementi di corredo che sono necessari per la sua acquisizione e la sua iscrizione nel registro generale” (Cons. Stato, Sez. III, 30/10/2015, n. 4984).
L’appello, in definitiva, va dichiarato irricevibile.
Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore della parte appellata liquidandole forfettariamente in complessivi € 2.000/00 (duemila), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2016 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore