Libere considerazioni – Giosi assolto da oltre un anno. Ancora segrete alla stampa e all’opinione pubblica le motivazioni della sentenza che hanno portato i magistrati a tale scelta. Nel mentre a Modena il processo va avanti Il mistero resta. Mentre, dopo un anno dalla assoluzione a Napoli, non è dato sapere le motivazioni del Tribunale che ha assolto Giosi Ferrandino, in presenza dei famosi contratti con l’albergo di famiglia del valore di oltre 300.000 euro, a Modena i pubblici ministeri ci vanno giù duro contro Casari e company.

I Pm, come riportato dalla Gazzetta di Modena, hanno parlato di un “patto criminale ai danni della Cpl, saccheggiata e parassitata” da un gruppo ristretto di persone che hanno “rubato i soldi”…».. A breve vedremo come si pronuncerà il Tribunale di Modena. Nel mentre non si riesce a capire in base a quali motivazioni il Tribunale di Napoli ha assolto Giosi Ferrandino e compagni. Come non si riesce a capire come mai, dopo un anno, il Tribunale non pubblica le motivazioni. E’ stata una vicenda che ha fortemente segnato la vita politica e sociale di Ischia e che qualcuno vorrebbe mettere nel dimenticatoio, ma fino a quando non ci saranno le motivazioni non si potrà mai capire se è giusto che la vicenda venga dimenticata o se debba essere ricordata, non per la sua rilevanza penale, ma per quella politica e morale. Perchè la società, che sta gestendo ad Ischia il più grande appalto, stipula un contratto alberghiero vuoto per pieno del valore di oltre 300.000 euro con un albergo appartenente alla famiglia del potente sindaco di Ischia? Queste risposte le attendiamo dalle motivazioni che tardano ad essere pubblicate?!! Infatti il temine previsto era il 16 aprile 2018. Ormai è passato veramente tanto tempo.

Il testo dell’articolo della Gazzetta di Modena

Le requisitorie di Niccolini e Mazzei su corruzioni e fondi neri Undici ore di accuse. L’ex patron: «Ma la partita non è finita» CONCORDIA. Un «patto criminale ai danni della Cpl, saccheggiata e parassitata” da un gruppo ristretto di persone che hanno “rubato i soldi”…». Perché la «Cpl è un’azienda sana dove lavorano persone oneste che faticano a guadagnare i mille, duemila euro al mese». Dipendenti e soci che hanno assistito perplessi al via vai di personaggi come Francesco Simone, quello che «vedo persone, faccio cose». L’amico di Bobo Craxi, l’uomo cui il gruppo ristretto, l’associazione a delinquere che operava all’interno dell’azienda, assegnava fondi e benefit da capogiro. Tanto che la struttura sana di Cpl faceva fatica ad assecondare ordini di pagamento così inspiegabili. Soldi per le corruzioni (come a Ischia), «spariti in un enorme buco», in un «abuso di fiducia per quel capo che trovava mercati e spazi commerciali per l’azienda, ma al tempo stesso la saccheggiava…». Insomma, l’associazione a delinquere, interna ma distinta dalla struttura di Cpl, c’era, e si occupava con quei complici di creare anche fondi neri. Perché le spese giustificative presentate al tribunale da Simone, per spiegare dove fossero finiti tutti quei soldi «per non avere fatto niente», in realtà non spiegano nulla: presentate in fotocopia, scritte in arabo, mai tradotte neppure dal francese, riferite a periodi precedenti, relative a pagamenti che, a fare i conti traducendo dal dinaro tunisino all’euro, proprio non tornano. E senza riscontri testimoniali effettivi. Sono stati di questo tenore gli interventi dei due sostituti procuratori Pasquale Mazzei e Marco Niccolini che, alternandosi in un crescendo di spiegazioni, dettagli, ricostruzioni tra la logica e i documenti, ieri hanno chiesto la condanna degli imputati “modenesi” di un processo che, partito in sordina e contro ogni pronostico viste le assoluzioni (in primo grado) nel parallelo processo di Napoli (quello ai “corrotti” di Ischia…), sembrava destinato al nulla. Undici ore intense di requisitorie, concluse ieri sera con le richieste formulate da Niccolini: cinque anni per Casari, due per Rinaldi, cui la Procura però ha abbuonato l’associazione a delinquere. La prossima settimana toccherà alla parte civile: Cpl, che da una parte (in base alla normativa sulle responsabilità) è imputata, ma dall’altra è vittima. Poi alle difese. E Casari? Presente, come sempre. E l’ha presa con disappunto: «Ma la partita – ha detto – finisce quando l’arbitro fischia la fine».

19 gennaio 2019