Il ricorso viene dichiarato direttamente inammissibile. Una batostata di migliaia di euro

ISCHIA – Con Enzone al timone tutto va peggio. Il comune perde quasi tutte le cause. Anche la partecipata monnezzara non brilla. Infatti, proprio l’altro giorno, un ricorso di Ischia ambiente è stato dichiarato inammissibile e la società è stata condanna a pagare oltre 5mila e 600 euro. Un ricorso contro l’agenzia delle entrate. Infatti si legge che “ La Ischia Ambiente s.p.a. ha impugnato avvisi di accertamento per il recupero di maggiori imposte dovute, per gli anni 2010 e 2011, fondati sulla contestazione di fatturazione inesistente”. Il fatto gravissimo è che nella sentenza è scritto:

“Su questo punto deve peraltro rilevarsi che la CTR ha specificato, con giudizio in fatto non censurabile in questa sede, che le fatture emesse e considerate di operazioni inesistenti sono completamente carenti della qualificazione dei maggiori oneri richiesti ed ottenuti dal Comune. Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso”… In pratica, la società otteneva soldi non dovuti dal comune. Queste cose le ha sempre dette Carmine Bernardo…..

Che dire? Enzone dirà che all’epoca era sindaco Giosi. Ma la scusa non regge. Perché? Enzone era il fido consigliere di Giosi e a Ischia ambiente. All’epoca alla società monnezzara c’erano come revisori proprio gli amici di Enzone?!?!

Inoltre, va ricordato che la giunta quest’anno, come emerge da una recente delibera, verserà a Ischia ambiente un milione  in più rispetto al 2017….

Il testo dell’ordinanza

ORDINANZA

sul ricorso n. XXX del 2018 proposto da:

ISCHIA AMBIENTE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. AVEZZANA, 6, presso lo studio dell’avvocato A.C, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.L. 066363391001, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2620/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 20/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RITA RUSSO.

RILEVATO CHE

1.-. La Ischia Ambiente s.p.a. ha impugnato avvisi di accertamento per il recupero di maggiori imposte dovute, per gli anni 2010 e 2011, fondati sulla contestazione. di fatturazione inesistente.

Il ricorso della contribuente è stato rigettato in primo grado. Ha proposto appello la società e la CTR della Campania con sentenza del 20.3.2018 ha confermato la sentenza di primo grado,

rilevando che la guardia di finanza ha evidenziato la carenza di documenti a sostegno dei costi asseritamente sostenuti dalla società e che detta documentazione non è stata fornita dalla contribuente.

2. Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione la società affidandosi a un motivo. Resiste con controricorso l’Agenzia.

Assegnato il procedimento alla sezione sesta, su proposta del relatore è stata fissata l’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. notificando la proposta e il decreto alle parti.

RITENUTO CHE

3.- Con il primo e unico motivo del ricorso, la parte lamenta il difetto di motivazione su fatto decisivo, deducendo di avere specificamente contestato che nella fattispecie ricorresse l’ipotesi di cui

all’art. 8 comma 1 del D.lgs. n.74/2000, mancando la condotta offensiva e cioè la finalità di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto. Ciò in guanto il soggetto destinatario

di tali fatture, presuntivamente ritenute inesistenti, e cioè il Comune, non è soggetto passivo di imposta. Da ciò conseguirebbe l’erronea applicazione del comma 4 bis dell’art. 14 della legge 537/1993.

Inoltre, la società deduce che il suo unico cliente è il Comune di Ischia, che controlla gli oneri sostenuti dalla società in conferenza dei servizi.

Il motivo è inammissibile.

Il ricorso della contribuente è stato rigettato sia in primo che in secondo grado. Si tratta quindi di una “doppia conforme” prevista dal quinto comma dell’art. 348 ter c.p.c.. Il tale caso, come affermato

da giurisprudenza di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 10897/2018 Cass. n.26774/2016; Cass. n.

5528/2014).

La contribuente non ha assolto l’onere, limitandosi a reiterare talune argomentazioni sulla inattendibilità degli accertamenti della polizia tributaria, sulla configurabilità del reato di cui all’art. 8 cit. e sul

controllo che il Comune eserciterebbe sulle fatturazione, atteso che essa ricorrente è una società in Unse. Su questo punto deve peraltro rilevarsi che la CTR ha specificato, con giudizio in fatto non

censurabile in questa sede, che le fatture emesse e considerate di operazioni inesistenti sono completamente carenti della qualificazione dei maggiori oneri richiesti ed ottenuti dal Comune.

Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso

I,e spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza della

ricorrente e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese

del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.600,000 oltre rimborso

spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto

della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del

ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a

quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello

stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma camera di consiglio del 12.2.2020

IL PRESIDENTE

dott. Antonio Greco